Riportato da Team Air Net, 15 Luglio 2024 | Autore Dott. Luca Ciolfi
Sostegno psicologico
“Perché dovrei andare dallo psicologo? Non sono mica pazzo”.
Quante volte abbiamo sentito questa espressione o, magari, siamo stati noi stessi a dirla?
La cultura in cui siamo immersi tende ad etichettare abbastanza facilmente persone, eventi e professioni, racchiudendoci all’interno di categorie troppo riduttive, dentro le quali però ci sentiamo tanto comodi da restare ancorati in questa zona di comfort senza darci la possibilità di crescere.
Il segreto è che la crescita personale, lo sviluppo di sé richiede un passo al di fuori di questa zona. Proviamo a rendere più chiaro il concetto tramite una semplice metafora: pensiamo alla nostra casa, è delimitata da confini, le mura. Se non riusciamo ad oltrepassare questi confini, difficilmente avremo la possibilità di incontrare nuove persone, scoprire nuove passioni o acquisire nuove conoscenze.
In definitiva, difficilmente riusciremo a crescere. Quel passo “al di fuori” fa tutta la differenza.
Dopo questo preambolo, torniamo a riflettere sulla questione iniziale: perché andare dallo psicologo?
Prova a pensare a due o tre motivi personali per cui rivolgervisi. Probabilmente sono tutti motivi validi: un momento di vita difficile, una separazione, un lutto, una crisi relazionale, un senso di malessere o disagio personale, un momento di forte stress o di incertezza su scelte da compiere.
Questi sono tutti vissuti leciti per prendere in considerazione l’idea di ricevere un sostegno psicologico da parte di un professionista.
La figura dello psicologo accoglie e fornisce supporto alla persona che, tramite un malessere, nasconde un bisogno, una domanda specifica che il professionista può decifrare tramite uno degli strumenti più preziosi di cui dispone, il colloquio clinico.
Per quanto venga ancora associato da molti alle chiacchiere da bar, in realtà esso presenta delle modalità del tutto particolari, infatti: non si parla del più e del meno, si va a fondo alle questioni; vengono colti segnali che di solito passano inosservati e che soltanto un occhio esperto può notare; si pongono domande specifiche, proprio perché specifico è il problema e la personalità della persona che le riceve.
Nessuno di noi è un luogo comune. L’esperienza del colloquio clinico, è un’esperienza del tutto nuova, diversa da tante altre, proprio per questo, più arricchente. Ci si ritrova a riflettere su aspetti della propria esperienza mai affrontati fino a quel momento, almeno, non in questo modo.
Spesso, le persone che giungono alla porta di uno psicologo, oltre a delle difficoltà, presentano un elemento in comune: la visione univoca della realtà. Cosa significa?
Significa che valutano gli eventi da una sola prospettiva, senza considerarne altre, forse più realistiche e funzionali al proprio benessere.
Il mondo può apparire a molti un posto complicato in cui stare; ciò è dettato anche dal fatto che la tendenza umana è quella di cercare conferme delle proprie idee, per quanto deleterie possano risultare alla persona stessa.
Si tratta di un meccanismo mentale per cui ci ostiniamo ad ignorare le evidenze che contraddicono le nostre certezze. Il risultato è che ci ritroviamo a pensare e, di conseguenza, ad agire sempre secondo gli stessi, disfunzionali schemi mentali.
Il passo al di fuori della zona di comfort può apparire rischioso. Mettere in discussione le convinzioni, seppur precarie, che costituiscono la nostra identità può provocare una perdita d’equilibrio, ma è l’unico modo che abbiamo per raggiungerne uno nuovo, più coerente con ciò che siamo e con il nostro vero Sé.
Dott. Luca Ciolfi
Psicologo Clinico